Cos’è un writing coach?

Nei mesi precedenti abbiamo iniziato a raccontare qualcosa di più del coaching, di questa disciplina detta del nuovo millennio. Eppure, posso assicurare, affonda le sue radici non soltanto nella scienza, ma nella materia più antica dell’umanità: l’anima. Se in questo articolo abbiamo chiarito cosa non è un coach, qui cercheremo invece di far luce su ciò che è, o dovrebbe essere, un coach.

Un acuto osservatore. In primis, un coach è un osservatore. Guarda nella stessa direzione del coachee seguendone i passi e avendo in lui piena fiducia. Osservare insieme significa mantenersi in equilibrio e stabilità affinché il coachee abbia spazio a sufficienza per guardarsi attorno e ascoltare il proprio istinto, quindi riconnettersi a una radice profonda e a volte dimenticata.

Un attento ascoltatore. Il silenzio è d’oro. Per un coachee ancora di più. Un coach non soltanto deve mantenersi accanto al suo coachee senza prevaricarlo, ma deve anche rispettare i silenzi del suo coachee per fornire spazi di riflessioni profondi e inestimabili. È qui che si spalancano porte ed entra la luce. Oltre che aver cura dei silenzi, un coach deve cogliere le parole più importanti, quelle che restituite al coachee aprono appunto quelle porte oltre le quali sono spesso conservate le risposte alle nostre domande.

Un professionista certificato. Un coach sa come mantenere la schiena, dove posizionare le mani, in quale punto indirizzare lo sguardo, quali espressioni mantenere sul viso, come gestire il tempo, quale tono di voce adoperare durante l’intera sessione di coaching nelle sue parti e nella sua evoluzione. Nulla è dato al caso, tutto è stato studiato. Tutto questo fa parte di un metodo per il quale occorre frequentare scuole e ottenere una certificazione. Un coach è un professionista che con umiltà è al servizio degli altri, affinché ciascuno possa, per una ragione o l’altra, ritrovare un pezzettino di sé.