Scrivere con strategia.
Uno scrittore è uno stratega.
Avete capito bene. Sedersi a scrivere pensando di avere il genio shakespeariano può funzionare una volta soltanto e per pura fortuna – ammesso che possa accadere sul serio (io ci credo poco, molto poco). Coloro che scrivono sul serio hanno in testa un obiettivo e la scrittura è il perseguimento dello stesso. Il vostro obiettivo è una storia – ricordiamolo: scrivere un romanzo significa scrivere una storia – e non occupare il vostro tempo, sfogare un po’ di ansia o di stress, farsi un selfie creativo. Nulla di tutto questo. Per scrivere hai bisogno di una mappa e tu devi essere pronto a cambiare strada, batterne di nuove, adeguare il tuo percorso ai tuoi personaggi.
Chiunque abbia una meta conosce anche la strada. Non si può fare altrimenti. Il punto è che in molti, al contrario, pensano (erroneamente) che per scrivere non serva né l’una né l’altra. Al contrario, sapere dove stiamo andando – cosa stiamo raccontando – e qual è la strada – come vogliamo raccontarlo – sono le due ancore di salvataggio in mare aperto, quando minaccia burrasca in lontananza. Non solo.
Avete mai provato la frustrante sensazione leggendo di non aggiungere tasselli alle vicende narrate? E poi, cosa succede? Sì, va bene, ma cosa succede? E così per altre venti pagine, sino alla rinunzia. Badate bene: l’idea del romanzo introspettivo fa a cazzotti con quanto racconta la narrativa contemporanea e la narratologia del novecento. Una storia – ovvero una serie di eventi con un inizio e un finale – deve esserci sempre, anche quando scriviamo storie intime, che per inciso sono ancora più difficili da gestire.
Appare dunque scontato che sedersi e scrivere è roba da principianti. Da navigatori senza responsabilità. Non da capitàni. Questo è il punto: noi siamo capitàni della nostra nave, abbiamo una destinazione, dobbiamo raggiungerla, costi quel che costi, e dobbiamo avere un piano, una mappa, una guida, una bussola. Altrimenti, cosa ne sarà di noi? Cosa ne sarà della storia che intendiamo narrare? Alla deriva. E con il rimorso di non aver scritto la parola fine.